All'interno del nostro percorso, il teatro è la messa in atto di una visione, una visione mai definitiva. Il teatro è il luogo dello sguardo, il luogo in cui si rappresenta un respiro fra tanti, fra tanti possibili, immaginati, voluti. Si tratta di una dimensione dove si racconta, dove si costruisce una storia; e una storia raccontata diventa patrimonio di tutti, il racconto di uno si fa racconto collettivo. Il teatro diventa rifugio della voce che si fa racconto, del gesto che si fa universale. Ma noi proviamo ad azzardare e proponiamo un teatro che si fa cercatore di rifugio e quindi un teatro in ri-cerca di asilo. Vogliamo recuperare il significato primordiale di questa splendida parola che è "asilo", e bussare alla porta degli asili. Là dove i bambini sono presenti, chiedere loro di farsi ascoltatori di mondi altri che saranno mondi nostri se li incontriamo, se qualcuno conduce per mano e ci racconta una storia che è sempre in grado di essere una nostra storia, la nostra storia. Il teatro si rivolge, per sua stessa natura ad una collettività: a partire dalla Grecia fino ai nostri giorni, il pianto, la commozione, il riso, la paura a teatro sono di natura collettiva.

"Lo spettatore (ma piuttosto il partecipante) riceve certe premesse convenute. Grazie a loro costruisce nella sua immaginazione il luogo dell'azione, il suo andamento, le sue associazioni, costruisce la propria compartecipazione. L'immaginazione qui non lavora "sul serio", in buona fede,....ma "facendo finta", secondo le regole del gioco, di un gioco collettivo" (da "Il Teatr laboratorium di Jerzy Grotowski 1959-1969" – pag.37 - ed. La casa Usher – 2007 – Firenze)

 

Il teatro è, quindi, ciò che usano normalmente, quotidianamente i bambini nei loro giochi, nel loro modo di riscrivere il reale "facendo finta" ma essendo veramente.