Commento alla lettera aperta a Matteo Renzi del pedagogista Daniele Novara. (Davide Quinci)

Oggi mi è capitato di incontrare una lettera aperta a Matteo Renzi scritta da Daniele Novara, pedagogista del Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti.

Si tratta di una testimonianza talmente autorevole che un mio commento è inutile.

Desidero semplicemente segnalare le sue parole, senza aggiungere nulla se non semplicemente invitare ad una riflessione profonda sulle reali esigenze dei bambini.

Nella lettera c’è un invito a pensare ad una scuola diversa, della qual cosa non posso che essere pienamente d’accordo. Ma vorrei al contempo non accontentarmi di individuare in questa istituzione l’unica realtà che deve ripensarsi. Sarebbe troppo facile individuare in altro da noi, la scuola, l’unico responsabile per un’infanzia che non sta ricevendo ciò di cui ha bisogno. Noi adulti, tutti senza distinzione, siamo responsabili di ciò che accade intorno al mondo dell’infanzia. La scuola, e la politica che la disegna, sono lo specchio di un mondo che ci assomiglia, di un mondo che siamo noi a contribuire a disegnare nel non prendere posizione. Se non ci piace, la soluzione è cercare un’altra strada. I gesti del nostro quotidiano sono, potrebbero essere dirompenti e rivoluzionari.

Grazie Daniele Novara per aver così semplicemente espresso delle verità che, se pur evidenti, appaiono dimenticate.

 

Davide Quinci

 

A seguire la lettera aperta

Alcune mosse a costo zero per far partire subito la Buona Scuola
Lettera aperta al Presidente del Consiglio Matteo Renzi sul documento La buona scuola


Caro Presidente Matteo Renzi
aver messo in agenda, con il dovuto rilievo, la necessità di una buona scuola è un passo importante per invertire la tendenza governativa degli ultimi anni volta a mortificare la qualità del sistema scolastico italiano.
Le conseguenze di questi ultimi anni sono sotto gli occhi di tutti, bastano tre dati per rendersi conto della tragedia della scuola italiana:

l’abbandono scolastico non è mai arretrato stabilizzandosi su percentuali comunque elevatissime
• ogni anno aumenta la diagnostica medico sanitaria degli alunni (le classi elementari con un bambino su tre diagnosticato sono ormai nella norma)
• la drastica diminuzione dei numeri dei laureati italiani in assoluta controtendenza europea

O la scuola è di qualità o è dannosa. Purtroppo non ci sono mezze misure. Senz’altro la buona scuola non la fanno le nuove tecnologie. La didattica digitale sembra più l’invenzione del marketing che una vera necessità scolastica. Specialmente i bambini, per tutta l’infanzia, hanno bisogno di esperienze concrete, sensoriali e anche motorie.
Per loro è meglio un gesso alla lavagna che un ennesimo video schermo in forma di LIM, meglio un quaderno dove passare il segno della biro piuttosto che una tastiera dove pigiare un unico dito, meglio un libro da sfogliare che un tablet su cui trascinare un pollice.
Le ricerche scientifiche hanno abbondantemente fatto piazza pulita di queste mitologie degli estremisti della new economy. Se vuole può leggersi il libro del neuro scienziato tedesco Manfred Spitzer Demenza digitale, ma non guasta ricordarle che lo stesso Steve Jobs aveva interdetto ai suoi bambini l’uso del computer in famiglia.

Non è certo nostalgia del passato ma la consapevolezza scientifica che ogni età ha le sue necessità evolutive e nell’infanzia si impara di più nell’esperienza concreta e tangibile piuttosto che davanti a uno schermo. Perlomeno mettiamoci misura e rispetto.
La furia digitale non produrrà mai un vero miglioramento della scuola.


Insista viceversa sulla formazione pedagogica degli insegnanti che comprenda le metodologie didattiche, la relazione educativa, le conoscenze psicoevolutive degli alunni. Tutte le ricerche internazionali continuano a dimostrare che una buona scuola vuol dire buoni insegnanti preparati non solo nelle discipline ma specialmente nei metodi di apprendimento, nella capacità di sviluppare e liberare le risorse degli alunni piuttosto che imbrigliarle in sterili e precoci valutazioni.

Qualcosa si può fare subito e anche a costo zero:

- togliere i voti numerici nella scuola dell’obbligo, ripristinati disgraziatamente 3 anni.
- rendere effettiva la cotitolarità dell’insegnante di sostegno sulla classe in modo da rafforzare il lavoro d’equipe e la condivisione dei processi educativi fra gli insegnanti.
- sospendere le prove Invalsi: non garantiscono in nessun modo una vera valutazione in quanto fotografano semplicemente l’alunno sulla base di una risposta esatta, uno dei metodi più arcaici e discutibili per verificare gli apprendimenti.
- tornare a considerare la scuola un’istituzione educativa che pertanto non può essere arbitrariamente sottoposta a norme sanitarie e di sicurezza che interferiscono sul normale funzionamento delle attività didattiche (disposizione dei banchi, allestimento delle pareti dell’aula, utilizzo degli spazi comuni per l’intervallo, ecc...).

Condivido con lei che un sistema formativo di qualità può essere il volano di una vera ripresa e comunque di un’Italia migliore.
Saper fare le mosse giuste e cogliere le priorità è compito della politica.
La buona scuola ha bisogno pertanto di una buona politica!

Daniele Novara, pedagogista
Direttore CPP


http://www.cppp.it/alcune_mosse_a_costo_zero_per_far_partire_subito_l.html

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Commenti: 2
  • #1

    Roberta R. (martedì, 17 maggio 2016 08:21)

    Sembra che in Italia nessuno abbia considerazione dell'investimento sulle risorse umane. L'aver rimosso l'essere umano dal centro dei valori ha prodotto tale senso generalizzato di annichilimento.
    Ieri la maestra mi ha chiamato perché mi sono dimenticata di firmare l'autorizzazione alla fotografia di fine anno della classe e di pagare la quota per la foto. In una scuola pubblica, mi chiedo cosa accada ai bambini i cui genitori fanno i conti anche con 5 euro, o di quelli che non autorizzano una foto di fine anno della classe per la tutela del "diritto all'immagine". Coltiviamo nei bambini il senso di esclusione e di non appartenenza per una totale mancanza di buon senso e di spirito pragmatico, e soprattutto per non volerci assumere alcuna responsabilità.

  • #2

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